L’attuale pandemia ha chiamato moltissimi psicologi e medici a modificare il loro setting terapeutico, per passare dalle sedute in presenza alla psicoterapia online. Un cambiamento che ha lasciato aperte numerose domande: si parte dalle differenze fino al comprendere in che modo il corpo possa entrare nella psicoterapia online. È possibile far veicolare le emozioni anche attraverso il mezzo digitale? E poi, cosa caratterizza oggi il transfert e il controtransfert? “Nella letteratura internazionale quello che finora non è stato attenzionato è in che modo si costituisca il controtransfert”, chiarisce Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) e direttrice della Scuola di specializzazione in psicoterapia psicodinamica dell’età evolutiva della Fondazione Mite.
“Nelle terapie digitali viene meno la dimensione corporea, siamo in una bidimensionalità e manca la tridimensionalità. Non è detto, tuttavia- prosegue Di Renzo- che non ci possano essere degli elementi che ci aiutino a recuperare in qualche modo una totalità”. Per rispondere a tutti questi interrogativi è partito un nuovo progetto di ricerca con l’obiettivo di valutare le differenze tra le terapie dal vivo e quelle online. Un lavoro che impegnerà gli allievi della Scuola IdO-Mite insieme a quelli della Scuola psicodinamica di Ecobiopsicologia (Aneb) di Milano.
Il gruppo di studio teorico-clinico ha raccolto tutto ciò che fino ad oggi è stato scritto e “lavorerà per tutto il prossimo anno accademico per capire non solo dove la deprivazione dell’assetto corporeo rappresenterà un limite, ma anche per cogliere quei casi in cui potrebbe essere addirittura una risorsa. È un progetto- conclude Di Renzo- che punta a consentirci, data la situazione attuale, di lavorare al meglio con le possibilità che abbiamo”.